Schlanger, Jacques, Filosofia da camera, Milano, Feltrinelli, 2004.

Presentazione di Michele Terlizzi
in Ctonia -2, Aprile 2008.

La filosofia da camera si affianca (ma certo non si contrappone) alla filosofia colta, alta, di grande portata, insomma a tutto ciò che comunemente viene definito filosofia. La filosofia da camera è fondamentalmente una filosofia dell’essere fisico, dell’individuo senziente e vivente. Ecco perché si occupa di eventi che troppo spesso passano inosservati, vissuti inconsapevolmente, di eventi davvero vitali per l’individuo: respirare, mangiare, bere, fare l’amore, dormire e via dicendo.
Questo agile volumetto consta di due saggi. Nel primo (Apologia della mia anima bassa) l’autore, rifacendosi ai canoni classici, concepisce l’essenza del singolo individuo, la sua anima, su tre livelli: alta, media e bassa. Tuttavia, sottolinea Schlanger, questi livelli non sono indipendenti o a tenuta stagna; essi sono invece in continua comunicazione tra loro.
L’anima alta è quella che spesso viene ritenuta superiore e quindi elogiata; si tratta della sfera razionale, pensante, intellettuale dell’individuo. L’anima media è costituita dalle passioni, dai sentimenti e dagli affetti dell’individuo. L’anima bassa, sulla quale Schlanger si concentra, sviscerandone gli aspetti, è quella più terrena, quella che rappresenta la macchina-uomo: i sensi, i bisogni e i fabbisogni, la salute e la malattia, il dolore e il piacere.
È implicitamente un invito ad ascoltare noi stessi. A provare, magari, lo stesso stupore che l’autore prova nel prendere coscienza della sua anima bassa.
Il secondo saggio, Elogio della mia morte, è un’analisi lucidissima, ma al contempo molto umana, in merito ad un tema che l’autore definisce, a ragione, cruciale. L’Elogio ignora gli aspetti trascendentali e superstiziosi che concernono la morte privilegiando, invece, un punto di vista ben più pratico: la morte intesa come percorso che conduce al termine della vita e non come inizio di un qualcosa di sovrannaturale. Schlanger prefigura le varie morti possibili, le soppesa, si fa consapevole della propria morte attraverso la morte altrui e infine immagina la sua morte come vorrebbe e come non vorrebbe che fosse. Le posizioni prese dall’autore sono ragionevoli e ragionate, comprese quelle inerenti al suicidio, al suicidio assistito e all’eutanasia. Anche nell’affrontare questi temi l’autore è franco e coerente, ben distante dalle pastoie giudiziarie e religiose. Una filosofia da camera che, lungi dall’essere frivola e spensierata, si rivela quindi come fondamento del nostro comune sentire.