Fédida, Pierre, Umano/disumano,
Torino, Borla, 2009.

Presentazione di Marco Tabacchini
in Ctonia -5, Luglio 2009.

All'origine di ciò che si può considerare umano è possibile rintracciare qualcosa come una rassomiglianza, un'apparenza: è nella distanza di uno sguardo che si gioca la possibilità del riconoscimento di ciò che ci è simile, di ciò che ai nostri occhi ammaestrati appare come umano. Un'apparenza a tal punto abbagliante da tradursi in appartenenza: il lavorio che la cultura e la civilizzazione hanno concesso agli agenti del riconoscimento, ha da sempre coinciso infatti con la possibilità di attribuire identità, soggettività, contorni precisi a relazioni ed eventi codificati. Si è lavorato così nel tentativo di contrastare il respiro dell'informe, di qualificarlo rendendolo finalmente riconoscibile, adeguato. Includere l'informe in linee di visibilità, inquadrarlo in rapporti di percezione e narrazione, negando perciò la sua cifra più propria, secondo la quale non c'è rapporto, né relazione di sorta, che possa tener conto della sua pulsazione. Poiché laddove le forme e le cose si rapprendono, è il mondo stesso a fuggire nel movimento: schizofrenia dell'umano, in cui tuttavia si gioca la sua possibilità, nonché, puntualmente, la sua disfatta. Ed è dal fondo di queste esperienze di disfatta – mancando ancora un altro termine per designarle - che arriva ciecamente, con lentezza di risacca, l'eco sonora costante, idiota, il rumore di fondo che accompagna l'inquietante estraneità del disumano. Esso è ciò per cui non si ha parola se non come voce, come soffio. Così come l’eros, esso è la carne, una membrana tra fisico e metafisico che propaga in entrambi i campi le proprie derive, simultaneamente. Uno slittamento dunque, una pulsazione irriducibile ad ogni antropologia, così come ad ogni coscienza della rassomiglianza. Ecco perché ormai niente è più importante che scavare fino al cuore di ogni processo di apparenza/appartenenza che sostiene l'umano. Ecco perché il compito che ci si prospetta è quello di ricostruire la genealogia dell'effettività di questa apparenza che ha da sempre coinciso con una estetica-politica del vivente.